Marvel IT presenta

https://www.comicus.it/marvelit/images/loghi_storie/ragnorosso_lg2.gif

# 27 – Il Cacciatore

Guest Star: https://www.comicus.it/marvelit/images/loghi_storie/logo Wolverine.jpg

di Carmelo Mobilia & Mickey


Casa Reilly, Forest Hill.

Se fosse stato l'eroe di un romanzo noir, Ben Reilly sarebbe stato al bancone di un bar malfamato a chiedere l'ennesimo whisky, e il barista glielo avrebbe negato. Il suo retaggio da buon Parker gli faceva affrontare il dolore e la frustrazione in modo diverso. L'unica trasgressione che si era mai concesso era stata una scappatella, e se ne stava facendo un'ulcera gastrica per i sensi di colpa e per le conseguenze: la sua fidanzata l'aveva scoperta e l'aveva lasciato. In fondo era giusto così: gli doleva ammetterlo ma non si meritava più una ragazza così, e di sicuro non era giusto né il trattamento che lei aveva avuto né il continuo rischio di essere coinvolta nei pericoli della sua doppia vita. Helen Spacey poteva avere chiunque e avrebbe dovuto cercarsi un uomo normale con cui costruirsi la vita tranquilla che meritava.
I suoi problemi sentimentali non erano nemmeno la peggiore delle notizie degli ultimi giorni. Era ancora fresco il ricordo della morte tragica e del funerale del suo collega e amico Damon Ryder, bruciato dalle sue eccessive ambizioni.
Senza contare il Signore del Crimine che, con l'aiuto del nuovo Hobgoblin, stava facendo il bello e il cattivo tempo in città, alla faccia sua.
Come sempre, un giro in costume per San Francisco sarebbe servito a sfogare i nervi e a schiarirsi le idee.
Mentre stava infilando i guanti rossi, squillò il cellulare, con la suoneria riservata a Elizabeth Tyne, la donna della discordia. Il tono di chiamata era la canzone con cui il loro bambino si addormentava più facilmente ed era l'unico motivo per cui si premurò di rispondere, senza attaccare neanche briga:
<<Avevi promesso di portare David alla partita dei Giants, te lo ricordi?>> gli aveva chiesto lei, dopo brevissimi convenevoli.
<Sì, me lo ricordo> mentì spudoratamente Ben, cominciando già a sfilarsi il costume di dosso.
Sarebbe stato compito del baseball e di suo figlio distrarlo dai suoi pensieri.

San Francisco. Women Against Rape.

Anche Helen Spacey avrebbe avuto bisogno di una distrazione. Il telefono del Centro Antiviolenze aveva suonato davvero poco, quel giorno, lasciandola in balia delle sue fissazioni. Seduta al centralino, continuava a rimirare lo schermo del suo smartphone: nessuna chiamata di Ben Reilly. E il "furbastro" aveva disattivato l'opzione di WhatsApp che permette di controllare l'ultimo accesso. Ormai era convinta che lui avesse colto la palla al balzo per scaricarla e rimettersi con la madre di suo figlio.
Sobbalzò quando all'orario di chiusura, borsa in spalla, la sua collega (nonché recentemente la sua neo coinquilina) Jen Cooke la riportò con i piedi per terra, già pronta a chiudere l'ufficio .
<Basta quel visino triste. Stasera si esce e ci si diverte!>
<L'ultima volta che sono uscita a divertirmi ho scoperto di avere le corna e ho rotto con il mio fidanzato>
<Stavolta sarà diverso, Miss Puntigliosa. Non avremo compagnie spiacevoli...> le fa l'occhiolino.
<Poi vediamo...>
Non sapeva come dirle di no. Dire che non fosse pronta a divertirsi o addirittura conoscere altri uomini era un eufemismo. La rottura era troppo fresca. E in cuor suo niente smuoveva la convinzione che il destino volesse che "Peter Parker" e "Gwen Stacy" stessero insieme, a dispetto di tutte le difficoltà.

 

In un appartamento nel quartiere di California Street.

Steven Levins era eccitato, mentre preparava la sua attrezzatura. Quello che aveva in programma il Signore del Crimine per lui era un gran bel lavoro. Se era a piede libero, lo doveva al fatto di aver mantenuto un basso profilo e non aver lasciato per i giudici prove di essere stato Jack Lanterna in passato. Il lato oscuro della faccenda era che nessuno sapeva chi fosse, nessuno se l'era mai filato.
Finché non era arrivato a San Francisco.
Con un boss di quel genere a coprirgli le spalle, era arrivata la sua grande occasione. Finalmente avrebbe potuto dimostrare quello che valeva.

Appartamento di Elisabeth Tyne.

 

Veder sorridere David Tyne era un balsamo per gli occhi dei suoi genitori, dopo tutto quello che il ragazzino aveva passato.
<Divertiti, tesoro> si raccomandò Elizabeth, sulla soglia di casa.
<Campione, tu monta in sella al sidecar, io ti raggiungo tra un minuto> gli scompigliò i capelli suo padre, e il ragazzino annuì e saltellò via, emozionato per l'appuntamento sportivo.
<Sputa il rospo...> lo esortò la rossa, una volta soli. Lo conosceva fin troppo bene, e per di più conosceva la situazione.
<Sai che cosa hai combinato. Helen non meritava di saperlo in quel modo, da te. Dopo tutta la pazienza che aveva avuto! Quanto ci è stata vicina quando David era malato?!>
<Ben, io... hai ragione... se non avessi bevuto non sarebbe...>
<Troppo comodo dare la colpa all'alcol. E un buon genitore non si ubriaca. Non siamo più ragazzini. E neppure dei fuggitivi. Abbiamo delle responsabilità.> disse con il tono più duro che lei gli avesse mai sentito adottare.
<Responsabilità...> gli fece eco, con una punta di involontario sarcasmo contro il leitmotiv dell'Uomo Ragno <Ascolta, Ben, io sono davvero mortificata... se posso fare qualcosa...>
<L'unica cosa che puoi fare è starmi lontano. D'ora in poi tutto quello che sentirai da me sarà a proposito di David, per il bene di David. Per il resto siamo due estranei, per quanto mi riguarda.>
Elizabeth aprì la bocca per replicare ma dalla sua gola non scaturì nessun suono.
Ben ne approfittò per girare i tacchi e andarsene, senza neanche salutare. Non vide la sua ex fidanzata chiudere la porta e appoggiarvisi in lacrime.

 

Casa Brown.


Un altro quartiere, un altro super-eroe, e una situazione famigliare radicalmente diversa.
Hobie Brown stava rientrando a casa dopo la giornata in laboratorio. Il lavoro lo gratificava, la città gli piaceva, e pure la sua carriera come supereroe gli stava procurando soddisfazioni. Il trasferimento in California era stato per lui una vera benedizione. Hobie si poteva benissimo definire “un uomo gratificato”, stava realizzando il sogno americano.

Eppure aveva un valido motivo per sentire la nostalgia di New York: la mancanza della sua famiglia. Sì, perché sua moglie Mindy e i suoi due bambini erano rimasti là, nella Grande Mela. Hobie li chiamava tutti i giorni, a volte anche più volte, nel corso della giornata. Però era dal giorno precedente che non aveva notizie della sua dolce consorte.

<Sarà il caso di preoccuparsi?> si chiedeva <Oppure sono troppo apprensivo? E’ che sto male se non la sento.... vabbè, stasera riprovo...>

Appena entrato nel suo appartamento, Hobie si tolse la giacca e la gettò sulla poltrona, dirigendosi verso la cucina per prendersi una birra. Fu colto di sorpresa quando, aprendo la porta del frigo, trovò sul primo ripiano due ciuccetti, uno rosa e uno azzurro. Capì immediatamente di chi si trattava, infatti un istante dopo, dalla camera da letto si diffuse una gradevolissima voce:

<SORPRESA!> Erano Mindy e suo fratello Abe, con in braccio i suoi meravigliosi bambini.

<Amore!!> esclamò Hobie nel vederla <Dio come sono felice... ma come...??>

<Ho anticipato la partenza... mi mancavi troppo! E ho chiesto a tuo fratello di accompagnarmi...>

<Meno male che ho ancora le chiavi dell’appartamento, eh, fratellino?> disse Abe sorridendogli.

<Confessalo, è stata un idea tua, non è vero Abe?>

<Lo ammetto...>

<Sono tanto contento di avervi tutti qui... > disse, prendendo in braccio i suoi figli e dando un bacio a sua moglie.

La famiglia Brown era finalmente riunita. Ora Hobie era veramente felice.
Quanto sarebbe durata?

 

Stadio "AT&T Park".

 

Proprio durante uno spettacolare fuoricampo, il telefono di Ben Reilly vibrò. Per sicurezza, non lo ignorò bellamente: avrebbe potuto essere chiunque di importante, dal lavoro alle sue ex fidanzate, passando per i suoi fratelli a New York. Non ci andò troppo lontano: sul display lampeggiava l'anonimo nome "Drew & McCabe Inv.", una neutra etichetta per il numero di cellulare della Donna Ragno. Non immaginava una telefonata di piacere; del resto, quando l'Uomo Ragno aveva svelato le loro identità segrete e fondato la Società dei Ragni, non pensava certo a un passatempo.
Nonostante questo, rifiutò la chiamata e le mandò prontamente un messaggio con WhatsApp:

 

> Non posso parlare per la prossima mezz’ora. E’ urgente?

 

Un nostro amico fidato vuole incontrare il Buffone Cremisi. <

Può passare appena può in ufficio? <

> Farò in modo che passi. A dopo.

 

Si lambiccò il cervello per capire chi potesse voler incontrare il Ragno Rosso...
<Papà!!! Hai visto..?!> richiamò la sua attenzione David.
<No, accidenti... una cosa di lavoro mi ha distratto> mentì a metà, spegnendo il telefono e mettendolo in tasca. Per mezz'ora non sarebbe cascato il mondo.

Ufficio “Drew &
 McCabe Investigazioni”.

 

Un'ora più tardi, Ben Reilly aveva dato la buonanotte a suo figlio, si era mascherato e aveva volteggiato fino allo studio investigativo della Donna Ragno.
Siccome gli pareva sempre strano bussare normalmente a una porta vestito come Ragno Rosso, ripiegò sulla finestra, appollaiato sul davanzale.
Solo quando Jessica Drew scostò il vetro scorrevole, con il suo riflesso, l'arrampicamuri vide in fondo alla stanza, al buio, sprofondato su una poltrona con un sigaro in mano, una vecchia conoscenza che non si aspettava minimamente di trovare all'appuntamento.
<Grazie di essere venuto il prima possibile> gli fece segno di entrare la collega.
<Buonasera a tutti... Wolverine...?> non riuscì a fare a meno di dire ad alta voce. In parte se ne pentì: non lo aveva mai incontrato in quei panni. I suoi ricordi facevano leva perlopiù su quelli di Peter, a parte un paio di volte in cui si erano incrociati in altre vesti.
<Sono proprio io, Rosso> si alzò il mutante e si avvicinò <La mia fama mi precede o ci siamo già incontrati?>
Mentre lo domandava, non faceva nulla per nascondere il tremore delle sue narici.
Lo stava annusando, e non gli importava di metterlo a disagio. Soprattutto perché Ben non sapeva che rispondergli:
<Sì e no...> arrangiò.
<Tu sei l'Uomo Ragno> sentenziò il canadese, suscitando l'imbarazzo dei presenti.
<Non... non proprio. Siamo... molto legati> balbettò l'arrampicamuri. Doveva aggiungere l'X-Man alla lunga lista di persone che conosceva la verità sul suo conto?
<Sì, c'è qualcosa... una nota diversa nel tuo odore, un retrogusto strano... e credo di averlo sentito l'ultima volta che sono stato a Wundagore con Testa-di-tela...>  [1]

<Ascolta, non offenderti, ma non voglio parlare della mia identità segreta e dei miei legami con l'amichevole tessiragnatele di quartiere.> decise di rispondere a muso duro.
<Come vuoi tu, cocco. Non sono affari miei.> rispose Wolverine, insolitamente pacato. <Tutti hanno diritto ad avere i propri segreti.>                                                                                                             <Grazie per la comprensione. Come posso aiutarti?>
<Hobgoblin. E' sulla mia lista nera e sono sicuro che sia anche sulla tua. So che gli state dando la caccia, ma Jess m’ha detto che non avete più nessuna pista.>                                                               

<E’ così, in effetti...>

<Io posso stanarlo. Sono in grado di scoprire dove si nasconde grazie al mio fiuto.  Dammi qualcosa, qualsiasi cosa gli sia appartenuto e lo troverò...> 

“E gliela farò pagare per quello che ha fatto a Lindsay McCabe” avrebbe voluto aggiungere, ma lo tenne per sé e si accontentò di uno sguardo complice con Jessica. Quest'ultima intervenne:
<Mi sono permessa di dirgli che, per quel che ne so, tu potresti fornirgli quello che gli serve.>

Il Ragno Rosso si prese una manciata di secondi prima di rispondere. Che cosa poteva avere a che fare Wolverine con Hobgoblin? Che ci fosse un mutante malvagio sotto il costume del Folletto? E perché la Drew aveva pensato che lui potesse essere d'aiuto? I neuroni macinarono a pieno ritmo e gli offrirono un appiglio.
<Sì, dovrei poterti dare una mano in questo senso. A meno di sorprese, ci vediamo qui, domani sera, alla stessa ora, va bene? Dovrei portare qualcosa che fa al caso nostro...>
<Grazie, ragazzo. Ero sicuro di poter contare su un... amico del Ragno.> gli disse Logan, stringendogli la mano in contemporanea a una pacca sulla spalla.

Sede della Divisione Servizi Forensi.

Per non deludere Wolverine, Ben Reilly si era svegliato prestissimo e aveva rinunciato ad accompagnare David all'asilo. Del resto, la prospettiva di poter mettere sotto scacco la sua "nemesi di turno" e avere man forte da un pezzo duro come il mutante canadese, colorava di rosa il suo futuro super-eroico; non poteva lasciare nulla di intentato.
Arrivò in dipartimento prima di qualunque altro collega, ad eccezione del piantone all'ingresso, che salutò con la massima nonchalance. Con lo stesso approccio andò nell'archivio della Scientifica e iniziò a rovistare. Non gli ci volle molto per trovare ciò che cercava: aveva contribuito egli stesso ad analizzarlo e a catalogarlo.
In una busta sigillata ermeticamente erano conservati frammenti di bomba-zucca prelevati dalla battaglia di Belden Place.
"Perdonatemi per quello che sto facendo" invocò ignote forze superiori, mentre con guanti di lattice divelse la plastica, prelevò tutti i frammenti e li distribuì in parti diseguali in altre due bustine trasparenti: una più consistente da rimettere a posto, l'altra da portare illecitamente con sé.
In direzione dell'uscita, l'occhio gli cadde sulla scatola più recente, con l'etichetta "D. Ryder". Effetti personali e prove sul suo amico Damon, ormai noto come Hyena al pubblico. Un velo di tristezza calò di nuovo sul suo viso.
Mentre usciva dall'archivio, l'ispettore Reilly sussultò alla vista del suo collega Vincent Gonzales. In parte perché era sua la mano che aveva ucciso il loro amico, in parte perché si sentiva colto in flagrante per la sua sortita. Il Senso di Ragno lo avvertì giusto in tempo per nascondere la prova rubata in tasca.
<Oh, buongiorno, Ben... non mi aspetto mai di trovarti così presto.>
<Non riesco a dormire molto negli ultimi giorni.> gli rispose con una contro-frecciata, che Vin lasciò cadere nel vuoto cambiando in parte discorso:
<Ti devo dire una cosa che non sa ancora nessuno...>
<Che è successo?>
<Sono i miei ultimi giorni qui. Il Comandante Carson mi ha proposto di entrare in Codice Blu.>
<Ma... è fantastico, Vin! So quanto ci tenevi e... so che sei all'altezza>
<Grazie, ma sappiamo entrambi come stanno le cose. Se non avessi... se non avessi ammazzato Damon... non...>
E' vero: entrambi erano consapevoli che Carson non avrebbe apprezzato le sue qualità se Gonzales non avesse brutalmente fermato Hyena. Ben lesse i rimorsi e gli scrupoli nei suoi occhi e non se la sentì di rimproverarlo ancora per quello che era successo.
<Hai fatto il tuo dovere, per quanto pesante. La vita è già difficile di per sé: se neanche cogli le occasioni che ti offre... del resto non fai del male a nessuno accettando quel lavoro. Anzi, puoi solo far del bene.>
<Damon ci teneva a quel lavoro.>
<E guarda che fine ha fatto...>
A quelle amare parole, la conversazione si eclissò nel silenzio. Con un cenno delle teste, i due colleghi si congedarono l'uno dall'altro. Ben non vedeva l'ora di tuffarsi in qualche meccanica analisi di laboratorio, pur di non pensare. E non vedeva l'ora di incontrare Wolverine per dargli ciò che aveva promesso.

La full immersion aveva funzionato. La giornata lavorativa era passata prima del previsto e Ben Reilly era pronto per andare nell'ufficio della Donna Ragno.
Nell'atrio del Dipartimento, si arrestò perché incrociò Jack Morris, il giornalista che frequentava Jessica Carradine.
<Jack, come mai da queste parti?>
<Salve, ispettore> lo salutò in modo formale, come si conviene sul luogo di lavoro <So che non farete salti di gioia, ma mi hanno chiesto un trafiletto su... Hyena. Sugli sviluppi della faccenda. La gente vuole saperne di più, dopo tutti i danni che ci sono stati a Bernal Heights.>
<Sì, mi dà fastidio, ma credo fermamente nel primo Emendamento> fece spallucce Ben <Spero solo avrai la delicatezza di non chiedere niente a me>
<No, tranquillo, ho già avuto le informazioni che mi servivano, stavo per togliere il disturbo>
<Meglio così. Ti va di aggiornarmi su Jessica?>
<Ho la macchina, ti serve un passaggio, così ti dico strada facendo...?>
<Ehm, no, grazie, ho la moto> mentì ancora; le ragnatele erano il suo mezzo di trasporto per la giornata. <Anche se deduco che sia una lunga storia...>
<Dipende. Stavo per chiamarti, ma non volevo disturbarti dopo il funerale di Ryder. Il fatto è che... sono stato costretto a far ricoverare Jessica in una clinica.>
<No... è così grave?>
<Abbastanza. Sto più tranquillo così, c'è qualcuno che la sorveglia e, in qualche modo, è costretta a curarsi. Io non avevo abbastanza ascendente su di lei in questo senso...>
<Uff. Si può andare a trovarla?>
<Sì, anche se preferisce non farsi vedere da nessuno in quello stato>.
<Chiedile se può farle piacere o meno e fammi sapere, stavolta> gli diede una leggera stoccata. L'ultima volta aveva promesso di tenerlo aggiornato sulla situazione della sua (ennesima) ex fidanzata. Che fosse geloso? Eppure sembrava così affabile con lui.
Avrebbe voluto parlargli di Hobgoblin, avendo ricevuto da lui l'imbeccata su Steven Levins... ma dopo quella notte forse non ce ne sarebbe bisogno ed era meglio creare meno agganci possibili con il Ragno Rosso.

Quella sera, sopra l’edificio della “Drew &
 McCabe Investigazioni”.

 

Era puntuale, c’era da riconoscerlo. Mentre planava con la sua tela, il Ragno Rosso vedeva Wolverine in cima al palazzo, con indosso un giubbotto di pelle e l’immancabile sigaro tra le labbra.

<Ma che ci troverà in quella robaccia?> si chiedeva Ben, che non sopportava l’odore nemmeno delle sigarette ordinarie.

Atterrò sul tetto e gli andò incontro. Cercava di non darlo a vedere ma, benché sapesse di avere a che fare con un uomo di cui potersi fidare, con un forte senso dell’onore, il mutante canadese lo rendeva nervoso. Erano così diversi: Ben era un ragazzo umile, Logan un attaccabrighe nato.

<Ciao. Ho qui quello che fa per te...>

<Mostramelo.> rispose Logan, risoluto.

<Ecco. Sono alcuni pezzi delle sue bombe-zucca. Aveva i guanti quando me l’ha lanciata, non so se per te cambia qualcosa...>

<No, non fa alcuna differenza per me.> disse, prendendo i frammenti dell’ordigno <Non è quello. Ma è passato troppo tempo, e qualcuno ci ha giocato al piccolo chimico.>

Per forza” pensò Ben “viene dal laboratorio della Scientifica... cercavamo di risalire a qualche traccia di DNA” ma non condivise nulla di tutto questo con il canadese.

 <Gli odori di troppe sostanze si sono mescolati, cancellando il suo.> ribadì il mutante.

<Vuol dire che tutte quelle spacconate che hai fatto sul tuo fiuto sono inutili..?>

<Attento a come parli, cocco. Io sono il migliore in quello che faccio, lo sanno tutti.>

<E quello che fai non è certo essere modesto...> lo schernì il Ragno Rosso.

Wolverine fece finta di non cogliere:

<Posso comunque risalire a chiunque abbia un odore simile a questo. E’ unico. Se c’è un posto in questa città che abbia quest’odore, io lo troverò.>

<...Ed è lì che troveremo il nostro uomo. D’accordo, allora. Se scopri qualcosa, contattami attraverso Jessica, ok?>

<Contaci.> gli rispose. Tuttavia, sapeva di mentire. Se, anzi, quando avesse trovato il covo di Hobgoblin lo avrebbe aspettato e lo avrebbe ucciso. Non era venuto sino a San Francisco per “scambiare informazioni”, ma per dare la caccia alla sua preda. Quel pazzo col cappuccio aveva fatto violentare Lindsay e mandato Jess in ospedale. Era una faccenda personale.

 

Altrove.

 

Si sentiva come Alessandro Magno o Giulio Cesare. Come quei grandi condottieri del passato, che hanno conquistato innumerevoli territori, allargando i limiti del proprio impero. Al pari di questi grandi personaggi, a suo dire, aveva affrontato dei valorosi avversari per impossessarsi della gestione del mercato della droga della costa ovest, e li aveva sconfitti. Prima Tarantula Nera, poi Damon Dran. Dopo sarebbe toccato al Ragno Rosso e a tutti i vigilantes mascherati di San Francisco, e a quel punto la città sarebbe stata sua. Ed era solo l’inizio; dopo si sarebbe dedicato a San Diego, Los Angeles... a tutta la California. Sarebbe diventato quello che Wilson Fisk era a New York.

Ambizioso? Forse. Ma chiunque segua un sogno lo deve essere. E lui lo era. Era ambizioso e aveva - inutile negarlo - manie di grandezza. Non a caso s’era ribattezzato il Signore del Crimine. Guardava la città dal suo attico in cima ad uno dei grattacieli più alti, pensando alla gente ignara delle sue manovre.

Anche in quell’istante, infatti, s’erano messe in moto alcune sofisticate macchinazioni da lui volute che avrebbero cambiato per sempre le vite dei cittadini della città.

Soprattutto quelli mascherati.

 

Due giorni dopo. California Street.

 

Le tracce mi hanno portato fin qui. Sono quasi alla fine della mia caccia all’uomo. Sono contento che non sia vicino al mare; l’acqua salata rende difficile seguire un odore.

Mi piace Frisco, era da tanto che non ci venivo. Il mio uomo sta qui; all’ultimo piano di questa palazzina, con affaccio sulla funivia. Bel posto. Il verme s’è sistemato bene.

Non il Ritz, ma nemmeno una sudicia bettola. Quel tanto che basta per non essere vistoso ma neppure per rimetterci. Molto astuto.

L’odore si fa sempre più forte. Plastica, polvere da sparo e un mix di varie sostanze chimiche lo rendono particolare, unico. Una volta rintracciato, era impossibile non risalirne la fonte. Entrare nell’appartamento di soppiatto è uno scherzo, per uno come me. Non c’è serratura che possa resistermi. Sono nel giro da parecchio tempo, e sono il migliore.

Non v’è traccia di nessuno; chiunque viva qui, manca da qualche giorno. Un paio, forse.

Guardo la posta, è intestata a Dennis Rush. Ci scommetto il mio ultimo sigaro che non è il suo vero nome ma un fottuto pseudonimo.

Mi giro in direzione di uno sgabuzzino; quando apro la porta mi sento come un ragazzino il giorno di natale. Bingo. E’ la prova che avevo ragione... non che ne avessi bisogno; per me, un odore è più identificativo di una fotografia, ma trovare il costume da folletto e parte della sua attrezzatura da Halloween è come consegnarmelo su di un piatto d’argento. Non molto da professionista, devo dire, lasciarlo qui incustodito. Forse si tratta di un costume di riserva. Non conosco affatto Hobgoblin, è la prima volta che c’ho a che fare. Ora non mi resta altro che aspettare che rientri per...

Riconosco immediatamente quel ticchettio. Impossibile da percepire per chi ha orecchie comuni, ma non per me.

Maledico me stesso per essere stato così imprudente.

 

Il boato dell’esplosione si udì per tutta California Street.
Una pioggia di vetri e detriti fiammeggianti precipitò in strada.
Il fumo denso si alzò verso il cielo.
La trappola era innescata.

Continua..!

Le Note

Un finale esplosivo, dovete riconoscercelo. Ma basterà per uccidere il nostro mutante artigliato preferito?  J

Un numero di riflessione, questo, in attesa del climax dei prossimi episodi.  Il Signore del Crimine continua a tessere le sue trame, mentre nella vita sentimentale del nostro eroe cala il gelo.

Ah per quel che riguarda il titolo... se non conoscente l’omonimo film di Michael Cimino, magistralmente interpretato da Robert De Niro e Christopher Walken, vi dovreste vergognare!

1  = Nel lontanissimo L'Uomo Ragno #12 di Mickey - in cui, per la cronaca, è scoccato il colpo di fulmine tra Ben Reilly ed Helen Spacey.

Carmelo & Mickey